Il Parco della Camargue, che si
divide tra la regione della Provenza e della Camargue, offre molte passeggiate
nella natura e nelle riserve ornitologiche. A Pont de Gau scopro quindi che i
fenicotteri sono una razza molto rumorosa
e attacca-brighe con i loro simili con cui condividono uno stagno
paludoso. Dalla loro posizione su una gamba sola si staccano all’improvviso per
volare alti sopra gli alberi con tutto il corpo allungato, proteso in maniera
aerodinamica. La natura della Camargue è
inoltre ricca di insetti di cui ricordo il mio incontro con un’amantide
religiosa, di farfalle dai colori caleidoscopici, dei suoi famosi cavalli e di
numerose razze di volatili che occupano i rami alti con i loro nidi sferici
dove si posso ammirare madri che sfamano i piccoli.
Quasi sulla costa si arriva alla
città di Aigues Mortes, cioè “la città delle acque morte”dal momento che, a
dispetto dell’iconografia tradizionale che la fa sembrare affacciata sul mare,
questo borgo mantiene solo un canale di
passaggio verso il mare. È circondato da saline, colorate di rosa da una
particolare alga che vi cresce sul fondo, che si possono scorgere dalle mura di
difesa della città, completamente intatte e percorribili nel loro quadrato.
Queste mura difensive, insieme alla Tour de Constance a volte usata come
prigione, furono costruite da Louis XIV e dal figlio Philippe Le Hardi con i
soldi della tassa di passaggio che ogni viaggiatore doveva pagare per poter
attraversare il canale e prendere la via del mare o, al contrario, per andare
nell’entroterra. Guardando la città dall’alto delle sue mura si nota la pianta
romana,con vie perfettamente perpendicolari in orizzontale e verticale.
Arles, la “Roma gallica”, è sicuramente
la città più “romana” della Provenza: un anfiteatro e un’arena in condizioni di
gran lunga migliori del Colosseo riempiono come giganti la città dalle strette
vie. La buona condizione dei monumenti si spiega col fatto che a partire
dall’Ottocento questi spazi, che un tempo ospitavano drammi e giochi di ogni
tipo, furono riutilizzati per le corride e le gare di cavalli. Prima
dell’Ottocento, invece, queste immensità di pietra furono montagne per la
popolazione di Arles, che ne presero mano a mano i suoi pezzi per costruire
abitazioni, proprio all’interno dell’Arena e utilizzando le sue belle mura come
protezione. Strano immaginare una città che prende forma all’interno di un
monumento storico di tale portata, e che negli anni lo sommerse completamente
fino a non vederne più una pietra. Ma Arles è anche la città di Van Gogh, la
città della Maison de Santé dove venne curato e la città di cui descrive i
giardini, i ponti e i monumenti con occhi attenti da pittore.
In ogni viaggio si incappa sempre
in una città che è la “Venezia” di qualcosa. Ecco, Martigues è la Venezia della
Provenza. Certo, ci sono piccoli ponti su romantici canali che finiscono il
loro corso nel mare, e anche piccole e tipiche imbarcazioni attraccate, ma le
case si avvicinano sicuramente di più a quelle fantasiosamente colorate della
Liguria, per non parlare del suo poco rilievo culturale. Bella è la sua
spiaggia di Saint Croix, sovrastata da una chiesa in stile spagnolo.
Marsiglia è un capitolo a parte.
Marsiglia è una città di porto come può esserlo Genova dove ci si aspetta di
trovare un frizzante commercio e un via e vai di genti, popoli differenti che
vengon per mare. Mi aspettavo di certo una popolazione più africana, arrivata dalle
ex colonie francesi, e invece Marsiglia è una città orientale. È occidente e
oriente insieme, da tanto le due culture si mischiano, non senza contrasti agli
occhi del turista. Esiste un enorme quartiere arabo, dove non solo questo
popolo vive ma conduce attività. Non si tratta però del ristorante o del
negozio che attrae l’occidentale per il suo esotismo, ma di attività
commerciali, di ristorazione e altro fatte da arabi per gli arabi, gli unici
clienti esclusivi. Marsiglia è una città che sembra straniera, ma chi posso
chiamare straniero se lo straniero è vicino, e così integrato nel sistema dalle
sue generazioni di occupazione? Nel quartiere arabo vince la sporcizia e il
caos di macchine, spazzatura e gente. Questo aspetto caotico e di poca cura
della città è visibile ovunque, ma in questo quartiere in particolare.
Marsiglia è una città che ostenta uno scheletro parigino, con grandi boulevard
e maestosi palazzi alcuni in stile liberty, ma che ai primi metri da terra vive
una vita di povertà, di noncuranza per le abitazioni stesse e per la spazzatura
tenuta a marcire da settimane. Qualcosa stride tra il visibile a terra e verso
il cielo, a Marsiglia dalla ricchezza alla povertà vi è meno di un passo.
Dall’alto sovrasta la chiesa di
Notre Dame de la Garde, cioè nostra Signora della Guardia, che guarda e
protegge i marinai della città a lei devoti. I muri della chiesa sono pieni di
preghiere e voti che i viaggiatori e le loro famiglie le porgevano nella
speranza di tornare a terra salvi e con esotici tesori. Dal porto vecchio partono i battelli per
Chateau d’If, il castello costruito su un’isola al largo di Marsiglia per
difendere la città dagli avventori. Non trovando utilità come castello
difensivo poiché non ci furono attacchi fu trasformata in una prigione. E’ in
questo luogo dove la pietra bianca impedisce la fuga che si formò l’immaginario
di Alexandre Dumas per l’ambientazione della prigione del conte di Montecristo.
Un giro nel quartiere del “panier”, nel cuore della città vecchia fa scoprire
un altro volto di Marsiglia, più caratteristico e pieno di negozi di
artigianato dagli oggetti coloratissimi. Non dirò che Marsiglia è brutta, come
raccontano quasi tutti coloro che l’hanno visitata. Dirò che è vera, molto di
più dei paesini caratteristici e perfetti il cui cuore batte solo perché sono
diventati turistici. Marsiglia ha un cuore, o forse più d’uno che battono
perché c’è vita , c’è caos, c’è energia.
Sulla costa a est di Marsiglia, tra la città portuale e il piccolo borgo caratteristico di Cassis, la pietra bianca si è modellata in bellissime increspature e disegni per il battere continuo dell’acqua del Mediterraneo. Ne risultano delle cale, le “Calanques”, e delle spiagge raggiungibili solo con piccole imbarcazioni o a piedi dopo lunghe ore di cammino, spesso impedite dal rischio di incendi.
Ultima tappa sulla via di casa è
Aix-en-Provence, una piacevole città dai palazzi dall’elegante sobrietà, dalle
belle piazze e fontane. Città natale di Cézanne, ha una bellissima cattedrale,
la Cathédrale St-Sauveur che presenta stili architettonici tra il V e il VII
secolo dove si ammira il trittico del Roveto Ardente e un bel chiostro. Al mio
arrivo avviene fortunatamente l’apertura delle ante originali in noce
dell’ingresso, normalmente protette da un’altra porta di legno, capolavoro di
Jean Guiramard.
Questo viaggio, che da una parte
mi ha lasciato poco sazia per la similarità che ho trovato nelle abitazioni,
nelle chiese, nei paesaggi alla mia Italia e al già visto, è stato interessante
per ciò che ho trovato di imperfetto, come Marsiglia, e per i colori e i
profumi provenzali. Dopo la Germania di Koblenz ho ritrovato anche qui il fiume
Rodano, qui chiamato Rhone, che è lo stesso fiume eppure così diverso.