martedì 30 ottobre 2012

Riflessioni a 6 corde

Domani mattina. Mani fredde. Casa vecchia senza riscaldamento. Più di un'ora di musica.

Ogni tanto suonare è un peso, un'immensa fatica mentale e fisica.
Ogni tanto chitarrina mia proprio ti odio.

Il mio grande problema sono le variabili: mal di schiena, temperatura bassa, agitazione, respiro, situazione. Troppe variabili che condizionano la tecnica.
Purtroppo però a un musicista non è concessa alcuna scusa: la musica necessita un livello eccelso, al contrario dà addirittura fastidio.

Altra questione è la comunicazione.
Suonare è stata per me una via per dire qualcosa che non avrei mai articolato in mille discorsi, ma è stato anche specchio di momenti tristi, quando il mio essere era così vuoto che anche la musica non diceva nulla.
L'interpretazione dei brani di domani è così legata a una visione e versione accademica che mi chiedo quanto dicano di me quando li suono, se sono così preoccupata di dire cosa sono loro.
Da un anno ho ormai scoperto il labile equilibrio tra filologia e interpretazione, un modo carino di dire che ti trovi in una prigione che però puoi arredare a piacere. Da brava letterata che sono amo la filologia, credo insegni il rispetto e sono quindi assolutamente favorevole a costituirmi. Ma a volte rimpiango la semplicità e l'amore che un insegnante un giorno mi insegnò e che il ritrovarlo mi ha fatto ricordare.

Billy Elliot parlava della danza, io della musica, ma sempre di elettricità si tratta.